Avana, Italia, oggi

Tabacco - Arte e fumo - Avana

Umberto De Cesare

da Lucca, mercoledì 5 ottobre 2016 alle ore 10:13:41

Egr.Gran Maestro e appassionati di fumo lento, dopo essermi complimentato per il nuovo sito (ci voleva e ci mancava !) vi domando un parere sulla situazione attuale del sigaro avana. Mi sembra che dopo i bagordi ed il fiume di interesse degli anni 90 e dei primi 2000 sia ora rientrato come piacere per appassionati veri e si siano allontanati gli esibizionisti e i frequentatori di moda. Credo sia un bene e da qualche anno noto meno clamore, meno interesse ma più sobrietà, passione e cultura da vhi frequenta e frequentava il mondo avana.

Il vostro parere è graditissimo e auspicato.

Umberto De Cesare

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INVIO

Giancarlo Maresca

Eregio signor de Cesare,
Lei mi chiede un parere sulla situazione dei fumatori in rapporto al passato e io glie la darò, anche se non si tratterà esattamente di caramelle balsamiche. Il vantaggio di essere vecchi è quello di aver potuto vedere la nascita, ascesa e fine di molti fenomeni. Mettendoli in relazione il disegno della storia esce fuori da solo, come unendo dei puntini con la matita. Come si vede dalle date di fondazione o comunque del boom delle riviste e club di settore, negli anni 60 gli italiani volevano l’auto, nell’auto settanta la moto, gli anni ottanta furono quelli dell’orologio e quelli a cavallo tra i ’90 e i 2000, come da Lei giustamente sottolineato, quelli del sigaro. Un programma molto bello, che mi sono goduto tutto. Le malattie contagiose degli ultimi quarant’anni le ho prese tutte e spesso con febbre alta, peccato che sia immune all’ultima, quella per la tecnologia digitale. Di certo mi starò perdendo qualcosa, ma nessuno è perfetto. Per la verità Salvatore Parisi, io ed altri che erano destinati a diventare i padri Fondatori dell’Ordine, l’amore per il sigaro Avana lo avevamo cominciato a coltivare almeno quindici anni prima che diventasse un’infatuazione collettiva. Sono stato tra i pionieri dell’associazionismo in materia e non mi sono risparmiato nell’inventarne nuove formule, che si adattassero a una crescita collettiva e personale. Le prime avvisaglie di discriminazione dei fumatori mi convinsero però che una nuova, più difficile e meno gratificante attività sarebbe stata necessaria: dare dignità al fumo e ai fumatori. Con questo programma avevo fondato nel settembre del 2000 il Parlamento Internazionale dei Fumatori, di fatto la prima associazione di secondo livello, ovvero federazione di associazioni.
 

Mi diedi molto da fare, ma più che alleati trovavo emulatori, ostacoli e traditori. Venne presto il momento in cui, piuttosto che tra di noi, si sarebbe dovuto combattere contro un nemico comune. Di fronte alle leggi razziali varate in Italia e altri Paesi si sarebbe dovuto formare un fronte compatto di dissidenza. Quando proposi ufficialmente questa guerra ai Presidenti delle altre associazioni e della Federazione CCA, non senza stupore raccolsi solo desolanti considerazioni sulla santità della legge Sirchia. Mi convinsi che l’associazionismo, fatte le debite riserve, in linea generale fosse passato in mano a cialtroni che a casa proibivano ai figli di fumare e loro stessi per fumare andavano sul balcone. Giocavano agli assaggiatori, ma non erano veri fumatori. Facendo propri i principi apparentemente tutelati da quella legge ambigua ed iniqua, potevano comodamente sdoganare quei comportamenti misti di sudditanza e moralismo, trasformando in coscienza quella che era solo viltà. In realtà lo spirito della nostra legge sulle limitazioni al fumo non era, come dichiarato ipocritamente dalla rubrica, la salvaguardia dei non fumatori, e nemmeno la lotta al fumo in se stesso, bensì l’emarginazione del fumatore in quanto tale. La recentissima campagna radio, in cui il Ministero di qualcosa fa parlare qualcuno che apostrofa per ben due volte i fumatori come scemi, ne è una prova inconfutabile. Tanto per cominciare, non ho voluto più avere niente a che fare con un mondo passato in mano ai fumatori della domenica, anzi delle domeniche a targhe alterne. Resto fermo nel mio principio per cui il fumo deve essere vissuto da fumatoie e non fumatori come un'attività quotidiana e spontanea. Tra fumatori e non fumatori non deve esserci o essere stimolata alcuna contrapposizione, né gerarchia nei reciproci diritti Senza questa qualità del contesto, ogni studio sulla qualità del tabacco è inutile. Meglio un panino mangiato serenamente sulla panchina del parco che pietanze raffinate ingurgitate sotto tensione. Talvolta lo stesso approfondimento collettivo dei misteri del tabacco può risultare dannoso, perché alimenta la “specialità” di momenti che devono restare ordinari e naturali. Ecco perché il Cavalleresco Ordine, che fu tra i primi a farlo, dal 16 gennaio 2003 non ha praticamente più parlato di sigari.
 
 
Come Gran Maestro la mia missione è diventata far fumare gli i convitati in tutti i luoghi, in tutti gli eventi, insomma lottare perché resti almeno una piccola Nazione, quella cavalleresca, dove il fumo non rappresenti un problema. Ciò mi ha distolto dalla ricerca, o almeno dal parlarne pubblicamente. L’unico gruppo che ho continuato a frequentare è la Cumbre, che non rappresenta un’associazione e nemmeno comunità. E’ solo un vertice di vecchie pellacce che non si fanno insegnare a campare e fumare da nessuno, e con questo unico principio si riuniscono di tanto in tanto in diverse città del mondo. Spero che questo nuovo Laboratorio della Porta del Fumo possa diventare un’area di ricerca, purché condotta da autentici fumatori e non da obiettori di coscienza sotto mentite spoglie.
 
 
Ne approfitto per pregare chiunque voglia intervenire, ora e in futuro, di domandarsi (prima che glielo domandi io) se fuma o meno a casa e, nel caso l’abbia, in famiglia. In caso contrario, prego costoro di astenersi da ogni commento. Sarebbero come i consigli di chi ha preso in tre mesi e con pochi scudi un diplomino da sommelier, col quale pretende di insegnare a bere a chi nel vino ha speso decenni e centinaia di migliaia di palanche.
Cavallerescamente
Giancarlo Maresca
da , mercoledì 5 ottobre 2016 alle ore 18:16:44
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INVIO

Umberto De Cesare

Dott. Maresca lei ha perfettamente ragione ! Ovvio che ho una casa, abito solo per lo più e ovviamente fumo in casa. con grande piacere . Allora mi sentirò in animo di intervenire e ricercare. La ringrazio di cuore per la risposta appassionata, forte, sincera.


Ma cosa ritiene che abbia fatto scemare la "moda" ? La legge Sirchia o mutate scelte edoniste ?



da Lucca, mercoledì 5 ottobre 2016 alle ore 15:02:30
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INVIO

Giancarlo Maresca

Egregio signor De Cesare,

uno dei motivi per cui le leggi sul fumo come quella italiana sono da considerarsi razziali è che consentono ed anzi favoriscono l'esistenza di locali chiamati "per non fumatori" (e che in realtà sono aree presidiate dal divieto assoluto al fumo), mentre non consentono di aprire al pubblico, nemmeno quello ristretto dei soci di un club, locali dove il fumo è consentito nell'intera superficie. Ciò comporta una discriminazione tra fumatori e non fumatori con uno schiacciante vantaggio gerarchico dei primi, che essendo considerati razza superiore ha diritto in ogni posto aperto al pubblico ad un'are di quadratura maggiore di quella riservata al fumo, ovvero ai fumatori. Le difficoltà ed i costi di adeguamento degli spazi, tenuto presente anche l'enorme potenza richiesta per l'aerazione degli ambienti per fumatori, ha determinato un crollo numerico dei posti dove fosse possibile godersi un sigaro e di conseguenza lo sterminio immediato e completo dei club riservati ai fumatori, tra cui il meraviglioso e indimenticato CIGAIR di Via Molino delle Armi, a Milano (in basso in una foto del 2001).



Ciò incise certamente sulla trasmissione della cultura del sigaro, peraltro ancora piuttosto giovane. Sarebbe comunque da miopi attribuire tutta intera alle leggi la contrazione del consumo e dell'interesse per Avana & Co. I grandi sigari richiedono tempo, denaro e molta cura. Alla lunga, la gran parte di chi prova ad avvicinarsi loro sente che non riesce ad entrarci in confidenza, che non li capisce come credeva. Come tutte le persone e cose aristocratiche, non sono fatte per frequentare ed essere frequentate da chiunque. Era quindi naturale che che dei tanti alla partenza solo pochi arrivassero in fondo, come del resto succede in tutte le maratone popolari. Fin quando andava di moda farsi vedere con un doppio corona e parlarne, il fattore emulazione ha trascinato nella corsa molti che a mala pena sapevano sapevano camminare. C'è infine un terzo fattore. La novità e il luccichio del mondo creatosi rapidamente intorno al cosiddetto fumo lento aveva attirato molti cercatori di gloria, che senza aver nemmeno terminato la prima petaca di Montecristo n. 3 già sentenziavano su qualità, invecchiamenti e abbinamenti. E' quindi accaduto ciò che accade in tutte le corse all'oro. Solo i più talentuosi, però, seppero guadagnarsi dei posti di prestigio, insomma trovarono l'oro. Gli altri, dopo un po', se ne tornarono a casa. Così, del gran traffico di gente restarono i più tenaci, come sempre è stato e sempre sarà quando si parla di attività impegnative.

Cavallereschi saluti
Giancarlo Maresca

da Napoli, giovedì 6 ottobre 2016 alle ore 00:53:45

Alberto Davoli

Egregio Gran Maestro,

ho appena terminato di fumare con soddisfazione un Ramon Allones robusto. Fumo perloppiù in famiglia (anche perché non sono rimasti molti posti dove fumare...).

Premesso questo, vorrei portare alla Vostra attenzione le seguenti parole di Kenneth Minogue (professore emerito di Scienze Politiche alla London School of Economics, deceduto nel 2013 e ovviamente molto poco conosciuto in Italia....):

"....Lo Stato spiazza i nostri giudizi morali. Generazione dopo generazione, viene svilito il senso di responsabilità. E questo porta ad un alto grado di regolazione della vita: non solo in termini di principi generali, ma anche di istruzioni molto specifiche, dall'igiene alle pratiche sessuali. Il problema è che queste decisioni, quelle su come viviamo, sono l'essenza della libertà. Dunque, a mio avviso, la libertà è incompatibile con uno Stato moralizzatore....".

Non è ciò che sta succedendo anche nello specifico ambito del fumo? Anche questo non fa parte delle “…decisioni…su come viviamo, [che] sono l’essenza della libertà…”?

Grazie per l’attenzione e complimenti per il sito


Alberto Davoli

 

da roma, domenica 27 novembre 2016 alle ore 16:54:18
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Antonio Peraino

Carissimi Cavalieri, avendo di recente fatto ingresso in questo poderoissimo Ordine, mi permetto e colgo l’occasione di questo post per disquisire di un argomento che mi sta molto a cuore come a voi tutti – gli avana.


Come non essere d’accordo su ciò che prima rappresentava una moda – il farsi notare questa era la parola d’ordine credo, per coloro che, al tempo stesso, di avana conoscevano soltanto la città e non l’appellativo. E’ altrettanto vero che in quegli anni, 98/99, l’avana iniziava ad approcciarsi al mercato italiano per poi diffondersi a macchia nei primi mesi del 2000, anno in cui fu fondata la società importatrice Diadema – e infatti, il calare del flusso modaiolo diede l’opportunità ad alcuni, attraverso la stessa diffusione, di approfondire e di appassionarsi alla cultura del fumo per così dire “lento”. Tuttavia, c’è da dire che le mode non finiscono mai; se da un lato vedevamo calare quella un po’ kitsch, dall’altro eravamo, e lo siamo tutt’ora, testimoni ahimè della nuova moda, questa volta dettata dalle esigenze di marketing della stessa società proprietaria dei marchi cubani “Habanos sa”. Nel 2004 Habanos lanciava la prima edizione regionale, un Belicoso di Bolivar edizione esclusiva per il Regno Unito – da allora non si è più fermata, ogni anno si producono almeno 20 Edizioni Regionali in esclusiva per vari paesi, Italia compresa, e tutti si riversano ad acquistare questi prodotti perché fa moda, tutti postano fotografie – io ho questo o quest’altro. Ma il punto qual è, premetto che assolutamente non mi permetterei di esprimere un giudizio negativo sulla bontà, anzi, vi posso assicurare che le edizioni per l’Italia sono sempre e sottolineo sempre, state eccellenti, grazie anche all’apporto di Diadema il cui Presidente A. Vincenzi è sempre stato molto attento nel selezionare vitolas accattivanti e di gran gusto; ritornando alla questione, il punto è che questa moda, questo trend, ha effettivamente danneggiato il fumatore – e per fumatore intendo ciò che è già stato espresso nei precedenti post e in particolare dal Gran Maestro e certamente non il fumatore delle domeniche a targhe alterne che comunque resta in auge – dove c’è moda c’è lui – il maggior danno è rappresentato dal fatto che Habanos ha praticamente eliminato tutte quelle vitolas che destavano curiosità e armonia al fumatore, parlo dei Lonsdale, delle Panatela Largas, alcuni dei migliori Petit Corona e delle Corona stesse, senza tralasciare i Laguito 1 e 2, per far posto a questi sigari corti e ciccioni di cepo 56, 58 che dopo averli fumati si rischia un trauma facciale. Bhè, purtroppo questa è la moda di oggigiorno, avrà anch’essa un termine ma solo perché sarà soppiantata da un’altra più attuale. Per cui, come dire, a me personalmente e credo anche a molti Cavalieri, che amano cavalcare la strada dello stile, della raffinatezza, ciò non confonde anzi conferma la ricerca della bella tradizione.


Spero che il mio contributo possa destare la curiosità di tanti per discutere, magari seduti in poltrona con un buon bicchiere di whisky o champagne e certamente un avana tra le dita.


Cavallereschi saluti

Antonio Peraino


da Napoli, mercoledì 5 aprile 2017 alle ore 17:22:55
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