La "divisa estetica": secondo Wilde, ogni esteta, durante le cerimonie, occasioni importanti o serate di gala, o ancora più semplicemente quando gli andava, doveva indossarla mostrando al mondo la sua anima completamente proiettata verso la bellezza. Wilde posa con la sua divisa estetica.Essa era composta da un paio di pantaloni lunghi fino al ginocchio, che oggi chiameremmo 'alla zuava' - ma differentemente da questi erano molto attillati, di velluto scuro; delle lunghe calze di seta scure e degli scarpini di vernice neri con dei lunghi fiocchi; una giacca da frac con le code piatte; una camicia bianca con lo sparato altrettanto candido e inamidato, il papillon bianco da frac. Wilde variava poi in diversi modi la sua 'divisa': invece della giacca da frac e della camicia da sera, indossava una giacca corta ed un morbido panciotto di velluto, e un fazzoletto da collo, sovente azzurro o verde. Con tale divisa, egli si faceva accogliere nei salotti mondani di Londra, e si mostrò abbigliato allo stesso modo durante il suo lungo giro di conferenze che tenne in America. Proprio là, Wilde veniva spesso criticato dai giornali, e preso in giro volgarmente per il suo abbigliamento; tentò allora, durante alcune conferenze, di vestirsi normalmente, ma l'evidente delusione del pubblico lo costrinse a cambiare idea. La divisa estetica di Oscar Wilde non era che la divisa che veniva usata allora dalla Massoneria Inglese, ancora oggi in uso in alcune logge, della quale Wilde era stato un felice membro durante la gioventù. Ma non era nuova, tra i dandy, l'uso di una sorta di 'divisa': per primo Brummel lanciò la moda della giubba blu dai bottoni d'oro abbinata ai pantaloni color crema, assai attillati, con i lucidi stivali neri al ginocchio; e, tra gli alti risvolti della giubba, abbagliava per il suo candore la Wilde posa con la sua divisa estetica.cravatta, morbida scultura, alla quale il Beau dedicava molte ore di pazienza. In seguito, Baudelaire adottò come 'divisa' una lunga mantella nera, un largo papillon altrettanto scuro, tagliato di sbieco, ed un completo comprendente uno stretto panciotto dall'abbottonatura assai accollata, del quale venivano sbottonati i primi tre o quattro bottoni. Sostituendo il nero baudelariano al grigio, il conte Montesquiou possedeva un'infinità di finanziere in infinite variazioni di questo colore, lo stesso preferito da Beardsley. D'Annunzio, invece di destreggiarsi con un solo colore, preferiva dare al suo guardaroba lo sgargiante sfavillìo della varietà più totale, sempre usando, però, sotto tutti gli abiti, delle camicie da un alto colletto duro, nelle foggie più disparate. Il dandy novecentesco preferiva invece non farsi troppo notare tra la folla, indossando abiti sì perfetti, e tagliati su misura, ma assai poco particolari se giudicati da un occhio inesperto. La "cravatta discreta" di Jacques Rigaut, come la descrive Man Ray nella sua autobiografia, o gli abiti, tanto scuri da sembrare neri, uniti a delle cravatte scure allo stesso modo, di La Rochelle e Malraux sono solo pochi esempi della fine eleganza, lontana dallo sfarzo decadente, dei dandy del Novecento.